EdC Summer's School - diario di bordo 03.09.2009



Un breve resoconto giornaliero della mia partecipazione alla EdC Summer’s School: sensazioni, esperienza per chi non ha / ha avuto la possibilità di parteciparvi.




Il luogo ha una vista mozzafiato, tanto domina sia Roma che il lago di Castelgandolfo. L’entrata del parcheggio è segnalata da un foglietto formato A5 attaccato su un palo fuori del cancello. Poi più nulla. Parcheggio dubitando di essere nel posto giusto. Nel parcheggio ci sono auto di diverse nazionalità e questo mi rassicura: vedo molte auto con la sigla CK. Scoprirò in seguito che vi sono molti Cecki che a causa del fallimento (il giorno prima della partenza) della compagnia aerea con cui dovevano volare, hanno preso la macchina e si sono sobbarcati 15 ore di viaggio. Un bell’esempio di dedizione. Ma non saranno i soli: argentini, brasiliani, filippini, svizzeri… E pensare che tutti quei semafori sistematicamente coordinati sul rosso che avevo incontrato mi avevano fatto ritenere i miei 30 minuti di auto un’eternità.
Lezione N.1: indice della la qualità di un evento è più l’impegno profuso dai partecipanti per esserci che le bandiere affisse per reclamizzarlo.

Mi addentro nell’edificio. Un ragazzo mi vede un po’ disorientato e mi viene incontro lasciando da parte quello che aveva intenzione di fare. Mi indica la stanza per registrarsi, con un “Benvenuto” discreto ma convinto. Scoprirò in seguito che è un avvocato argentino studente della Università Sophia. Nella stanza delle registrazioni non c’è nessuno che registra. Sento che l'addetta è a fare colazione. Da buon organizzatore la cosa mi spiazza un po’, ma poi guardandomi intorno e vedendo cosa fanno gli altri, mi acorgo che il necessario c’è tutto: un foglio in cui lasciare i propri dati, un badge per facilitare le comunicazioni con gli altri e del materiale per poter prendere appunti. Prendo un set per me e poi ne passo uno a un signore sopraggiunto nel frattempo, anche lui un po’ spaesato.
Lezione N.2: Capirò nel corso della giornata che la burocrazia non è sintomo di organizzazione, ma piuttosto è figlia della mancanza di fiducia, e che non stimola a prendere parte attiva e creativa alle cose (collaborazione).

Nella sala in cui si terranno le lezioni ci sono tante sedie. Saremo circa una settantina. Tutti i “docenti” corrono a destra e sinistra con un che di non strutturato. I preparativi per le traduzioni e la logistica fervono. Mi si riaffaccia il pensiero dell’organizzazione forse un po’ da migliorare. Ma invece la “lezione” inizia all’orario previsto, e anche tutti gli interventi e la durata delle pause sono molto precisi. Si sente che la ragione è poter dare a tutti il giusto spazio ed il giusto riposo, per un senso di rispetto reciproco messo in pratica, che non si trova in nessun altro consesso a cui ho partecipato.
Lezione N.3: L’organizzazione deve mirare a raggiungere uno scopo, e non essere fine a se stessa. Qui lo scopo è ben determinato, e diverso dalla prassi (quella di far apparire, o vendere, l’azienda promotrice dell’evento): reciprocità e rispetto.

Si inizia, e già da subito ci viene fatto chiaro che questa è una normale scuola, nel senso che ci sarà da faticare e impegnarsi, ma allo stesso tempo non è una scuola normale, in quanto applica un metodo diverso. Il Metodo “Sophia”, dall’Università in cui è stato messo a punto. Il metodo si basa essenzialmente su due punti: sulla creazione di un patto tra studenti e docenti (un patto di accoglienza reciproca, di ascolto e di interscambio), e sulla visione della formazione come globale, interdisciplinare e non settoriale). E allora tutto quanto avevo già sperimentato in mattinata diventa chiaro.

Gi interventi si susseguono, affrontando il tema delle Economie Sociali, il rapporto con l’EdC, e l’importanza dei nuovi media per il loro successo. Ma il tema dominante è “Mercato e Ethos”. Tutte persone importanti, che però non si propongono come tali. Spesso vengono citati nomi di economisti e teoremi di cui non ho mai sentito parlare, e in alcuni momenti si arriva anche alla matematica (che bello: qualcosa che fa parte del mio bagaglio), Tuttavia le spiegazioni sono sempre chiare e i punti fondamentali spiegati così bene che anche un profano come me non ha difficoltà a seguire. Come dirà il professor Zamagni in serata, se uno ha veramente capito il nocciolo di una cosa, per quanto complesso sia l’argomento, è in grado di spiegarla in modo semplice.
Lezione N.4: una vera scuola deve essere fatta per condividere e non per arricchire l’immagine del docente tramite sfoggio di capacità.

Nonostante le molte ore di concentrazione continua (il programma è serrato e le pause poche rispetto ai ritmi di una lezione standard), nessuno si distrae: nessuno che parla al cellulare o con il vicino. Nessuno va neppure in bagno. La cosa vale anche durante i periodi di domande e risposte.
Lezione N.5: il Patto allora è vero e si mette in pratica sul serio. Si esplica nelle piccole cose che non fanno “rumore”, non si sbandierano, per cui potrebbe passare in sordina, ma in realtà è lì presente: ascolto e rispetto del prossimo. Il rispetto reciproco passa tramite dare importanza all’altro indipendentemente da ogni altra considerazione sulla sua posizione o sulla rilevanza per noi di quello che sta dicendo. Molto differente dalle altre scuole.

Il tema essenziale ruota intorno all’Agape e alla sua fragilità, al rapporto tra Agape e cooperazione. Applicata tanto al mercato quanto alla vita di famiglia, poiché in realtà le due cose sono interconnesse. Si parla di Mercato, di Economia, ma sempre mettendo l’uomo al centro. Scopro tante cose “teoriche” che mi permettono di comprendere meglio sensazioni accumulate empiricamente nel corso degli anni.

La giornata si conclude con l’intervento del professor Zamagni. Non un intervento classico (“io parlo, voi ascoltate”), ma domande da parte nostra e risposte da parte sua. Risposte come al solito vaste ed illuminanti, che ti fanno fare dei collegamenti multi disciplinari a cui uno di solito non pensa, e che sono poi proprio le cose che servono per aprire la mente. Un altro esempio dello stile “Scuola Sophia”, applicato ma non sbandierato.
Un luminare simile che viene da lontano, per poche ore per ascoltare noi… C’è da rifletterci parecchio.
Del suo intervento riporto solo una frase, che fa un po’ da riassunto di quanto detto in mattinata.
Alla domanda del rapporto tra l’EdC e la corrente crisi finanziaria, risponde spiegandoci che ci sono due tipi di crisi: quelle dialettiche (che hanno in se il germe per uscirne) e quelle entropiche (che invece non ce l’hanno). La corrente crisi è grave perché è di tipo antropico. Per uscire da queste ultime – cito a memoria –
“serve che alcune minoranze profetiche inizino ad operare nel sistema ma in controtendenza, costruendo modelli nuovi e andando avanti anche se il resto del sistema non li considera, o, peggio, li deride … la mano invisibile che ha voluto questa crisi, forse voleva qualcosa di buono per l’EdC”.


Lezione N.6: questa lezione ognuno la deve maturare da se…

Per oggi è tutto.



Articolo tratto da: EdC Consulting Home Page - http://www.edc-consulting.org/index.html/
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